Dr. Ignazio Quattrin – Responsabile Area giuridica Ceper

L’analisi delle realtà aziendale e produttiva, conferma il ricorso sempre più diffuso alla terziarizzazione, esternalizzazione, appalto di attività, opere o servizi a soggetti “altri”, rispetto al mandante (committente).

Ciò può capitare per diversi motivi: a causa della complessità o specificità delle attività o del servizio, in modo molto logico e coerente (la ratio primaria dell’appalto consiste infatti nel ricorso a capacità diverse, complementari o funzionali rispetto ai bisogni ed alle risorse aziendali del committente); a causa del costo eccessivo o della complessità organizzativa derivante dal mantenere o predisporre un competente servizio interno; oppure dalla domanda esterna; o da contingenti specialità specifiche non rinvenibili all’interno della compagine del committente; o per ragioni economia di scala; o semplicemente per spostare su un terzo il rischio di impresa, così come il conseguente rischio per la salute e sicurezza degli operatori coinvolti.

A prescindere dalle ragioni, legittime, che portano all’appalto, in tutti i casi descritti la responsabilità del committente si manifesta già a partire dall’obbligo di verifica dell’idoneità tecnico-professionale del fornitore esterno prescelto, sia esso temporaneo, permanente, intermittente, poco importa. Infatti l’essenza dell’appalto sarà sempre la stessa: un soggetto, vero dominus di questa scelta, ha ritenuto opportuno, utile o strategico, spostare (affidandole contrattualmente) su un terzo alcune attività, in cambio di un corrispettivo (art. 1655 C.C.), e questa decisione definirà, per quanto di competenza, l’eventuale responsabilità del committente.

A livello civilistico il discorso risulta dunque, abbastanza semplice e ben definito e regolamentato.
A livello prevenzionale invece, le cronache insegnano che tale scelta può diventare l’anticamera di sottovalutazioni, superficialità, danni, rischi e spesso, infortuni sul lavoro.

È evidente che l’appalto, se dal punto di vista produttivo può costituire garanzia di risparmio organizzativo ed economico, dal punto di vista della salute e sicurezza delle persone (lavoratori) è un generatore di problemi, una fonte di complicazioni, una origine di adempimenti, solo in parte dettagliati dalla norma speciale (D.Lgs. 81/2008 s.m.i.); in sostanza l’appalto, se mal gestito o impostato, può essere un amplificatore di rischio, a volte sottovalutato. Le statistiche infortunistiche confermano questo andamento.

Le conseguenze di tali scelte, appare chiaro, vengono frequentemente sottovalutate.

Il fatto interessante è che sempre più spesso, al di là della materiale indagine sulle dinamiche infortunistiche, sulle prassi operative, sullo svolgimento pratico dell’attività lavorativa - finanche prima del mancato coordinamento o della gestione della cooperazione tra committente ed appaltatore, o sulla valutazione e gestione delle interferenze tra lavorazioni e adempimento puntuale alle relative misure (di solito definite all’interno dei DUVRI) - le autorità di controllo e giudiziarie indirizzano i loro sforzi investigativi “a monte” dell’evento: l’origine del problema può, e spesso è ragionevole che si trovi, (anche) nella scelta dell’interlocutore, nella qualifica, nell’iter che ha portato a selezionare QUEL fornitore a scapito di altri: in altre parole nella lacunosa o inadeguata o assente verifica dell’idoneità tecnico-professionale dell’appaltatore.

Il panorama si fa più ancor fosco ove si noti che l’appalto può costituire l’inizio di una catena, più o meno controllata, consapevole e conosciuta di sub contratti, ingenerando così una aspettativa di tutela che si abbassa di grado man mano che si polverizza il governo della catena e la coerenza della scelta e selezione del fornitore: il subappalto, legittimo, dovrebbe essere un punto di forza e non di messa in crisi del sistema di affido di servizi, attività od opere.

In termini di legge, la normativa riassume tutto in un onere preliminare, responsabilità del committente, a carico della committenza, di verifica dell’idoneità tecnico-professionale, sia in ambito endoaziendale “normale” (art. 26 comma 1, lett. A), sia in ambito speciale (cantieri temporanei o mobili, art. 90, comma 9, lett. A).

Questo momento di verifica e scelta, risulta sempre più spesso oggetto di osservazione e giudizio (purtroppo forzatamente ex post) da parte dei giudici, a confermarne la rilevanza strategica, non solo in termini prevenzionali, ma anche produttivi. La scelta di un pessimo o inidoneo partner commerciale, infatti, crea un danno potenziale ed a volte effettivo, che spesso travolge qualunque risparmio calcolato o sperato. In ogni caso, prima ancora dell’evento, gli adempimenti in parola sono oggetto di possibile contravvenzione autonoma a carico del committente, o di chi lo rappresenta (ad es. Responsabile dei Lavori). Anche solo per questo motivo, alla scelta ed alla verifica di idoneità tecnico professionale dovrebbe essere dedicata la giusta attenzione in una logica di prudenza, economia di risorse, ed attenzione alla salute e tutela dei soggetti coinvolti.

È un fatto reale invece, la trascuratezza, o la fiducia cieca con cui troppo spesso i committenti si affidano a (o si fidano di) formali acquisizioni documentali (va detto che la norma non aiuta, nella sua scarna essenzialità) o spesso, peggio, abusando di autocertificazioni a volte platealmente ed evidentemente non veritiere o insufficienti. Un controllo più rigoroso, oggettivo e penetrante, invece, potrebbe consentire di eliminare alla radice conseguenze spiacevoli o rivalse a giochi fatti. È il vero senso del verbo “prevenire”, che porta poi a scongiurare ricadute di responsabilità sul committente.

È solo il caso di aggiungere che, da un lato, l’attività in oggetto è non a caso la prima prescritta dalla norma al potenziale committente; tuttavia essa non si esaurisce in una mera attività d’ufficio, magari superficiale o di archivio, ma diviene realmente tutelante se prosegue, incrociando i dati reali con quelli dichiarati: cioè mediante una verifica effettiva (fosse anche solo a campione) sul campo, relativa all’affidabilità ed adeguatezza di quel partner che si è scelto e valutato. Il livello qualitativo di un fornitore, del quale si voglia realmente valutare la performance ed il rispetto degli accordi oltre che dei requisiti di legge, non può che abbracciare l’intero arco temporale di durata dell’appalto. Anche e soprattutto in materia prevenzionale infatti, la sola forma senza il supporto della sostanza e soprattutto della continuità (cioè in assenza di un metodo, di un sistema efficace di selezione e controllo), non è mai sufficiente (nota n.1) . Men che meno appare tutelante attenersi solo a quanto indicato dalla norma acquisendo e verificando documenti che poi, nella realtà non bastano affatto a tutelare il committente o a garantire effettiva sicurezza: l’obbligo in parola ha, tra le sue pieghe e rimandi, una portata più ampia, oltre ad essere il portato, ed il combinato disposto, di altre normative collegate (responsabilità solidale, regolarità contrattuale, assicurativa retributiva, responsabilità per danni a cose o persone etc. ) motivo per cui vale la pena dedicare massima attenzione, forza ed adeguate risorse al momento di scelta e qualifica dei fornitori.

Vale la pena sottolineare il fatto che è nella sola disciplina speciale (cantieri temporanei o mobili) che è rinvenibile una definizione, peraltro illuminante, di idoneità tecnico-professionale, utile ai nostri fini, mentre in quella generale a distanza di più di 10 anni dall’emanazione, i chiarimenti indicati non hanno visto la luce (nota n.2).

Art. 89 comma 1 lett l), definizione di Idoneità tecnico – professionale: “possesso di capacità organizzative, nonché disponibilità di forza lavoro, di macchine di attrezzature, in riferimento alla realizzazione dell’opera”.

Non resta a questo punto che verificare come svariate pronunce giurisprudenziali abbiano sottolineato e dato valore al momento di verifica dell’idoneità tecnico-professionale, rimarcandone l’inadeguato adempimento a carico del Committente, sotto forma di rimprovero di culpa in eligendo (e, a tratti, in vigilando) speciale.

Cass. Civile 6/7/1979 n. 143714

In tema di reato colposo per infortunio sul lavoro, sussiste la responsabilità dell’appaltante nel caso in cui il compimento delle opere sia stato affidato ad appaltatore palesemente carente delle capacità tecniche necessarie.


Cass. Penale Sez. IV 27/8/2014 n. 36268
La dizione «in relazione ai lavori» contiene una precisa regola di diligenza e di prudenza che il committente dei lavori dati in appalto è tenuto a seguire e, in particolare, l’obbligo di accertarsi che la persona alla quale affida l’incarico sia, non solo munita dei titoli di idoneità prescritti dalla legge, come si evince dal riferimento, comunque non esclusivo, al certificato camerale, ma anche dalla capacità tecnica e professionale proporzionata al tipo di attività che deve esserle commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa.
(…) infatti l’art. 26 D.Lgs. 81/2008 ss.mm.ii svolge funzione integrativa del precetto penale che sanziona il reato di lesioni colpose ponendo a carico del committente l’obbligo di garantire che anche l’impresa appaltatrice che svolge attività nella sua azienda si attenga a misure di prevenzione della cui inosservanza lo stesso committente sarà chiamato a rispondere, ove fosse in grado di percepirne l’inadeguatezza.
(…) già nella fase di scelta del contraente (il committente ndr.) aveva modo di verificare le lacune dell’impresa (appaltatrice) sotto il profilo della sicurezza ritenendo che carenze organizzative dell’appaltatore in tema di misure di sicurezza agevolmente percepibili coinvolgessero in quanto tali anche la responsabilità del committente.
(…) Il dovere di diligenza del committente non si esaurisce nella scelta di una impresa che sia tecnicamente in grado di eseguire il lavoro da commissionare, estendendosi alla verifica dell’idoneità tecnico professionale dell’impresa appaltatrice a svolgere determinate lavorazioni in condizioni di sicurezza per i lavoratori.


Cass. Civile 11/6/2012 n. 9441

(…) le risultanze processuali non consentivano affatto di ritenere che (l’appaltatore) si presentasse come soggetto affidabile così da escludere che incombesse a carico di essa appaltante l’obbligo di sorvegliare lo svolgimento delle attività date in appalto in virtù dei principi generali in materia.
La valutazione dell’idoneità tecnica e specifica dell’appaltatore nonché la sua serietà professionale, ad eseguire l’incarico a lui affidato, devono essere effettuate non astrattamente bensì in concreto, vagliando oculatamente le risorse tecnico/organizzative dell’appaltatore stesso (culpa in eligendo ed in vigilando).


Cass. Penale Sez. 4, 20/4/2017 n. 19036

 (…) viene ricostruita la condotta colposa del committente, sia con riferimento alla scelta della ditta appaltatrice, tenuto conto degli obblighi di verifica imposti dalla normativa, che sulla scorta dell'omesso controllo dell'adozione, da parte del datore di lavoro, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro, nel caso di specie totalmente omesse. Tali misure non devono essere approntate dal committente, rientrando certamente nel novero degli obblighi propri del datore di lavoro, ma la loro concreta adozione da parte di costui deve essere verificata e, in caso di accertata omissione, pretesa dal committente.
L'obbligo di verifica riconducibile al committente non si è tradotto, nel caso di specie, in un inammissibile dovere di controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori, che la legge non individua, né in un rimprovero per la violazione di obblighi che fanno capo ad altra figura di garante legale. Esso è piuttosto stato delimitato e calibrato in base alla capacità di governo della fonte di pericolo da parte del soggetto portatore dell'interesse primario alla realizzazione dell'opera, che ha messo cioè in moto l'attività in cui si è concretizzata l'esposizione a rischio della vittima.
(…) il committente, anche quando non si ingerisce nella loro esecuzione, rimane comunque obbligato a verificare l'idoneità tecnico - professionale dell'impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori affidati.
Il committente, concorre, in definitiva, unitamente alle altre figure di garanti legalmente individuati, ognuno con precisi doveri, differentemente declinati dal legislatore, alla gestione del rischio connesso alla realizzazione di un'opera che ha specifiche caratteristiche ed è a lui riconducibile direttamente, in quanto ideatore, progettatore e finanziatore e, pertanto, vero dominus di essa, titolare di poteri di inibizione, la mancata attivazione dei quali, nel caso di specie, ha consentito la prosecuzione dei lavori in totale difformità alle norme più elementari poste a presidio dell'incolumità dei lavoratori impegnati nella esecuzione dell'opera stessa, ponendosi in rapporto di causa-effetto con il decesso del lavoratore.

Le parole della suprema Corte nel corso del tempo sono lucidamente efficaci, e bisognose di pochi commenti, molta meditazione, e puntuale applicazione futura. In questo ambito purtroppo, restano valide ed attuali le parole delle Sezioni Unite (nota n.3), troppo spesso le imprese rischiano di subire pesanti conseguenze derivanti da scelte “economicamente seducenti, ma esiziali per la sicurezza”.


NOTE

 1- Si veda ad esempio la pronuncia al seguente link: http://olympus.uniurb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=15888:cassazione-penale,-sez-4,-20-luglio-2016,-n-31213-infortunio-durante-i-lavori-di-pulizia-e-bonifica-assenza-di-misure-per-la-salute-e-sicurezza-dei-lavori-omessa-verifica-dell-idoneit%C3%A0-tecnico-professionale-delle-imprese-esecutrici-dei-lavori&catid=17&Itemid=138 nella quale si rimprovera esplicitamente al committente non solo trascuratezza e grave superficialità in fase di valutazione iniziale, ma anche l’omissione di adeguati controlli in itinere, che avrebbero consentito di prevenire il fatto lesivo, intercettando facilmente l’inidoneità effettiva del fornitore ingaggiato.

2- Le modalità di qualifica previste dal decreto di cui all'articolo 6, comma 8, lettera g), per la verifica dell'idoneità tecnico professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in relazione ai lavori, ai servizi e alle forniture da affidare in appalto non si sono mai estrinsecate in un decreto ad hoc. La normativa resta “monca”, ma forse, col senno di poi (e vista l’efficacia dell’Allegato XVII in ambito speciale), è quasi meglio così, pur dovendosi adattare al paradosso pratico di applicarla dopo 10 anni una norma pensata per essere “provvisoria”. La prassi ha sostituito le carenze del legislatore, nel bene e nel male.

3-Cass. Penale Sez. Unite, 18/9/2014 n. 38343



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