La Cassazione, con pronuncia esemplare, conferma le condanne a carico degli imputati in relazione al reato di cui all'art. 590, commi 2 e 3, cod. pen., per lesioni personali gravissime di un lavoratore in violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro. 
Il fatto: il lavoratore, in un cantiere edile per la ristrutturazione della facciata esterna di un edificio, era salito su una passerella collegata al secondo piano di un ponteggio per prelevare del materiale; la pedana ed il piano sottostante avevano ceduto ed il lavoratore era precipitato per circa 6 metri; le ricostruzioni avevano fatto emergere che il ponteggio era assolutamente precario, privo di protezioni e poggiato su uno scavo effettuato alla base della parete in vista di un ingresso per un costruendo garage.
Imputati, a vario titolo: 
a. il datore di lavoro di fatto (plurime omissioni concernenti le norme che prevedono il montaggio, lo smontaggio e la trasformazione dei ponteggi a regola d'arte, oltre che l'omessa vigilanza sulle condizioni di sicurezza dei lavori affidati e sull'applicazione delle prescrizioni del Piano di Sicurezza e Coordinamento); 
b. il Responsabile dei lavori e Coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione, per avere redatto il PSC in assenza di analisi dei rischi aggiuntivi di caduta dall'alto collegati all'impossibilità di installare il ponteggio metallico secondo gli schemi previsti dal costruttore del ponteggio a causa della presenza di un pilastro alto oltre tre metri all'interno del ponteggio stesso, e di avere omesso di verificare con opportune azioni di coordinamento e controllo l'applicazione da parte delle imprese esecutrici delle disposizioni contenute nel PSC e in particolare l'installazione del ponteggio da parte della Coperture Edil s.r.l. previa redazione di un progetto per le parti per cui non erano previste specifiche configurazioni strutturali.
c. il preposto dell'impresa datrice di lavoro e capo cantiere, per aver omesso di segnalare tempestivamente al datore di lavoro le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e la condizione di pericolo che si era verificata a seguito delle modifiche del ponteggio metallico in difformità dagli schemi previsti dal costruttore.
 
Spiccano nella sentenza due situazioni, sempre attuali, ma qui esplicitate in modo inequivocabile: 1) la complementarietà di tutte le figure di garanzia sopra menzionate, impegnate anche sul campo, nel disegno del legislatore, ad assicurare ognuna al proprio livello, la effettiva e costante sicurezza delle attività all’interno di un cantiere temporaneo o mobile; e per questo coinvolte in forma concorsuale in giudizio; 2) il riconoscimento definitivo della possibilità di attribuire in forma concreta e sostanziale la posizione datoriale ad un terzo, datore di lavoro di fatto (datore di lavoro dell’impresa Affidataria, appaltatrice di primo livello), considerato il reale responsabile dell’accaduto e depositario dei poteri e doveri di prevenzione nei confronti della risorsa infortunata, pur non essendone formalmente il datore di lavoro: insomma, il principio di effettività applicato nella sua forma più lineare e concreta e confermato dalla Suprema Corte, nei confronti del garante primario “di fatto” del lavoratore, con particolare insistenza sull’obbligo di vigilanza che grava in capo a quest’ultimo.
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